mercoledì 23 maggio 2012

Nonno


Nonno Pietro era stato un campione sulle due ruote, a livello nazionale. Non ha mai detto niente, ma come non pensare che dentro avesse alimentato il sogno di vedere passare la sua passione in un figlio o in un nipote! Ha avuto una sola splendida figlia, che gli ha dato due altrettanto splendide nipotine. Contento così, il nonno Pietro allena la squadra ciclistica amatoriale della cittadina. Andando qua e là per le gare, qualche volta si porta le nipoti a fare un giro. La più piccola sorprende il nonno per la precocità sulle due ruote. Ma non vuole farsi illusioni e fa finta di non vedere. Un po’ scoraggia: «Lascia stare, sei troppo piccola ... Non correre che ti fai male...». Ma la piccola non demorde. Ottiene in regalo una buona bicicletta e l’abbigliamento necessario per farsi coraggio. Scimmiotta gli sportivi che il nonno allena e finisce che si trova alla sua prima gara. La vince con scioltezza e anche il nonno si scioglie. Poi vince la seconda e la terza... Rischia di abituarsi e il nonno lo sa!
«Ha preso dal nonno», commentano i più appassionati della disciplina. Commento che ripetono anche quando la piccola sportiva perde qualche gara per un eccesso di generosità: imprime ritmo alla corsa troppo presto, ci dà dentro con tutte le forze e in prossimità del traguardo qualcun’altra le beve la volata. «Ovvio. Ha preso dal nonno...».
«Ascoltami – le dice il nonno, mentre aspetta di essere chiamata per la “punzonatura” – sei brava e puoi anche imparare dagli errori che ho fatto io. Adesso ti incolli subito dietro la favorita, che la volta scorsa ti ha battuta. Stai sempre alla sua ruota. Se vedi qualcun’altra che scatta in avanti, tu stai incollata a lei. Poi, quando senti la campana degli ultimi metri, scatti in avanti e vinci».
Non dice niente e si mette serena al suo posto: terza fila a destra. La favorita è in prima fila a sinistra. Partono. Attraversa il gruppo e va a incollarsi alla favorita. Poco dopo, in tre passano avanti, ma lei non molla il suo aggancio. Suona la campanella... sapete come finisce.
L’intervistatore di una TV locale le chiede: «Qual è il segreto di questa tua vittoria?». «Facile – risponde – basta ascoltare l’insegnamento del nonno».
Io di insegnamenti ne ho ricavati più d’uno.

giovedì 17 maggio 2012

F…come felicità

Quante volte abbiamo usato, con una sorta di “invidia”, l’espressione “Beato te”. L’espressione “Beato” è stato usato da Gesù nel programma del cristianesimo, nel contesto del discorso della Montagna. La felicità non è nemica dell’uomo, né la pastorale è nemica della felicità. Questo sentimento che risente dell’ambiguità sia del linguaggio che dei suoi contenuti deve costituire l’obiettivo di una pastorale che intende regalare “pienezza” al cuore dell’uomo, e quindi regalargli la felicità. Una felicità che parte dal cuore di Dio padre e raggiunge il cuore dei “poveri” di oggi: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.

mercoledì 9 maggio 2012

Viaggi


In questi giorni di primavera le aree di servizio sono affollate più del solito dalle chiassose tribù delle gite scolastiche e dalle truppe irregimentate dei pellegrinaggi e delle transumanze turistiche dal Nord Europa.
Un pullman sta facendo manovra per parcheggiare e un amico nota, dietro il parabrezza, la scritta orgogliosa con la quale si presenta la comitiva che sta per assaltare il bar: “CTG BO – Centro turistico giovanile Bologna”. L’amico, conosce bene il CTG, che spesso organizza gite in collaborazione con le parrocchie. Si avvicina perciò al pullman, hai visto mai si affacciasse qualcuno da scambiarsi un saluto e un caffè. Si aprono le porte, e dalla fiammante navicella scende con calma allegra uno sgargiante gruppetto di nonni, accompagnati da signore capelli argentati e chiacchiericcio spumeggiante. Età media abbondantemente al di sopra dei più recenti avanzamenti dell’età pensionabile. Sorpreso e stupito, l’amico chiede: «... ma quando siete partiti???».
Ripreso l’accesso ai pensieri dopo la risata, mi sono imbattuto in un’associazione di idee, forse un po’ clericale. M’è venuto di pensare ai nostri progetti di parlare ai giovani, alla necessità che ci diciamo di organizzare proposte per loro, per accompagnare il loro viaggio. Ma quando arrivano – se arrivano – le nostre idee, le nostre parole, i nostri messaggi sono già vecchi. E non sono sicuro quale Chiesa ci sia dietro la scritta orgogliosa: “Nuova Evangelizzazione”.

E nel Vaticano II torna la «razza» ebraica


Lavora o ha lavorato per il sito della Santa Sede. Ignoriamo il suo nome, i suoi studi, cosa abbia pensato men­tre mutavano i rapporti fra la Chiesa ed Israele. Ma questo sconosciuto – impunito come chi commercia carte e gossip d’oltre Tevere – è riuscito a de­positare nel sito web vati­can.va, per sfregio, una riga sul­la «razza» ebraica. L’ha infilata nella traduzione italiana del Va­ticano II: Nostra aetate affermò che la Chiesa ha sempre innan­zi agli occhi le parole di Paolo «de cognatis eius» (cioè «sui suoi congiunti») che dicono che l’adozione, la gloria, il pat­to, la legge, il culto e le promes­se appartengono a Israele e ai padri «dai quali è nato Cristo se­condo la carne». Nel sito vatican.va quel «de cognatis» vie­ne oggi tradotto «della sua raz­za»: ebraica, naturalmente.
Non è un errore antico: è un atto recente, volontario. Il testo latino (lo mostra la mia critica del Vaticano II nei Conciliorum oecumenicorum generaliumque decreta) non dava appigli. L’Osservatore Romano del 17 novem­bre 1965 traduceva «della sua stirpe». Le altre traduzioni d’allora, raccolte senza ritocchi dal sito, non hanno esitazioni. Il te­desco recita «Stammverwandten», cioè parenti. La versione portoghese parla di «compatrio­tas». L’inglese «kinsmen», co­me «soukmenovcich» in ceco. In swahili «juu ya watu wa ukoo wake» indica le persone «del suo clan». Più inquietante l’«hermanos de sangre» dello spagnolo, identica al bielorus­so. Solo in francese si era già osato tradurre «race» nel 1965 (idiozia rimasta intonsa anche nel sito odierno).
La traduzione italiana usuale, dunque, è stata volontariamen­te manipolata per sfregiare il Va­ticano II con un termine dalla storia inquietante: la razza. En­trato nella Spagna del secolo XV, passato al linguaggio giuri­dico e politico, venne consegna­to dal trattato Sur l’inégalité des races humaines, opera del 1853 d’un cattolico come de Go­bineau, a uno sviluppo «scienti­fico», di cui s’appropriano i per­petratori della Shoah. In quel lungo lasso di tempo anche il magistero cattolico ha parlato dì razze: dalle discussioni sul­l’ammissione ai sacramenti de­gli indios fino al formarsi di un magistero sull’unità della fami­glia umana, che negli anni Tren­ta afferma l’«uguaglianza delle razze». Con la dichiarazione del­l’Unesco del 1950 – la Santa Se­de era rappresentata dal nunzio Roncalli – il mondo ripudia l’idea di razza: e al Vaticano II, proprio nella dichiarazione No­stra retate, la Chiesa rompe con l’antisemitismo «di qualunque tempo e di chiunque».
Chissà se l’inventore di un inesistente Vaticano II «razzi­sta» è un cretino inoffensivo o la voce in talare di xenofobi, an­tisemiti, suprematisti che inno­cui non sono. Ma che un nemi­co del Papa e della Chiesa faccia rientrare dalla finestra del web l’ombra d’un pensiero cacciato conciliariter dalla porta, dice che il Vaticano II ha ancora la forza di smascherare cosa c’è davvero dietro il sogno, di libe­rarsene o di spuntarne con un preambolo tradizionalista lo sperone riformatore che pungo­la la carne della Chiesa.

Alberto Melloni sul Corriere della sera 6/5/2012