“I have a dream”
diceva Martin Luther King nel 1963. Sogno un giorno in cui bambini e bambine neri
potranno stringere la mano dei loro coetanei bianchi e camminare insieme come
fratelli e sorelle .. quando tutti insieme bianchi e neri potranno cantare le
parole dell’antico spiritual “finalmente liberi!”.
Sono trascorsi quasi 50 anni. La Legge sui Diritti civili in
America è in vigore dal 2 luglio 1964, quella del diritto di voto dal 1965, entrambe promulgate da
Lyndon B. Johnson, ma il presidente che avrebbe dovuto firmarle era stato assassinato
il 22 novembre 1963 a Dallas. Nel ’68 venivano uccisi anche il fratello Bob, in
corsa per la Casa Bianca e Martin Luther King, considerato il leader degli
afroamericani che aveva posto fine alla discriminazione razziale.
Non tutto era finito perché i neri continuarono a vivere in povertà nei
quartieri più degradati delle grandi metropoli guadagnandosi il pane con i
lavori più umili che i bianchi ormai rifiutavano. I loro figli potevano sì frequentare
la scuola, ma niente di più perché al termine delle lezioni iniziava il lavoro
per sopravvivere. Sono storie della seconda metà del Novecento raccontate con
tristezza da professionisti che sono riusciti a forza di sacrifici e sussidi a
studiare “come” i bianchi. In nome di un’unica dignità umana dove non conta il
colore della pelle o il conto in banca della famiglia.
E’ da quel mondo – ma anche da quello dei Kennedy e di tutti
i democratici – che un afroamericano era riuscito a raggiungere la Casa Bianca
4 anni fa rivoluzionando piani sedimentati e mandando in tilt le leve del
potere. La tragedia di New Orleans nel 2006 causata dall’uragano Katrina, e soprattutto
dal mancato tempestivo intervento dei soccorsi
- pensiamo alla tecnologia di cui dispone l’esercito americano - aveva mostrato ancora una volta come la
mentalità non fosse ancora cambiata e, in fin dei conti, i neri avrebbero dovuto
arrangiarsi da soli, quasi vuoti a perdere.
Così in questa nuova campagna elettorale che si concluderà a
novembre sono ancora 2 le Americhe che si fronteggiano, al di là dei calcoli
di partito e della crisi economica internazionale.
Da un lato l’America
dei diritti civili, della dignità di ciascuno, della parità uomo-donna, del
diritto ad un lavoro dignitoso, un’istruzione e un’assistenza sanitaria per
tutti. Una Nazione che riconosce il proprio ruolo di leader mondiale, ma non in
termini di potenza di arsenali militari, bensì nel campo della cultura e della
civiltà e che per questo ha deciso per il ritiro delle truppe dall’Iraq. Una
terra dove l’emigrante può acquisire cittadinanza e vivere a fianco degli altri
guardando con fiducia al futuro. Dove la campagna elettorale conta sulla metà
dei finanziamenti dell’altro versante, a cominciare dagli spot in TV.
Dall’altra l’America dei grandi patrimoni che mostra i muscoli,
dove vige la legge del più forte e il debole soccombe come per legge
ineluttabile di sopravvivenza. Dove le tasse le pagano i poveri, mentre ai
ricchi vengono tagliate. Dove l’assicurazione sanitaria diventa un onere
insostenibile e la salute un lusso. Dove chi può studia e chi è bravo, ma
povero non trova più borse di studio e finirà per accettare un lavoro
sottopagato per sopravvivere. Un’America ancora una volta sceriffo del mondo
che metta a tacere i popoli del Medio Oriente con la forza delle armi.
Un’America che intende però di abolire la legge che consente
l’aborto e annullare l’assistenza sanitaria estesa a tutti, perché sono inclusi
i contraccettivi (usati dal 98% delle donne americane) in nome della libertà
religiosa. “Basta con le leggi europee”, è lo slogan che si allarga anche alla
difesa dell’ambiente osteggiata dalle grandi imprese petrolifere che hanno già
impedito la firma del protocollo di Kyoto.
Bill Clinton è stato l’unico presidente democratico, dopo
Roosevelt, a riuscire nell’impresa di un secondo mandato. I sondaggi danno ancora
il vantaggio di Obama negli stati più “europei”, ma quelli che nella storia
avevano avversato già il presidente Lincoln gli voltano le spalle.
Può finire di nuovo un sogno?