martedì 20 novembre 2012

Tremando un poco di commozione

«Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo Diocesano per l'Urbe, e di un Concilio Ecumenico per la Chiesa universale».

Con queste parole molto commoventi Giovanni XXIII, il 25 gennaio 1959 annunciò l'intenzione di "organizzare" il concilio Vaticano II. Eletto da appena tre mesi, il papa si rivolse così ai cardinali: «Gradiremo da parte di ciascuno dei presenti e dei lontani una parola intima e confidente che Ci assicuri circa le disposizioni dei singoli e Ci offra amabilmente tutti quei suggerimenti circa la attuazione di questo triplice disegno». Dopo l'invocazione di protezione della madonna e dei santi, aggiunse: «Da tutti imploriamo un buon inizio, continuazione, e felice successo di questi propositi di forte lavoro, a lume, ad edificazione ed a letizia di tutto il popolo cristiano, a rinnovato invito ai fedeli delle Comunità separate a seguirci anch'esse amabilmente in questa ricerca di unità e di grazia, a cui tante anime anelano da tutti i punti della terra».

In occasione dell'anniversario per i 50 anni, l'attuale pontefice Benedetto XVI ha ricordato, in un saggio ripreso in un numero speciale de L'Osservatore Romano (cf. Settimana n. 40), le prime ore dopo l'apertura del Concilio: «Fu una giornata spendida quando, l'11 ottobre 1962, con l'ingresso solenne di oltre duemila padri conciliari nella basilica di San Pietro a Roma, si aprì il concilio Vaticano II... Fu impressionante vedere entrare i vescovi provenienti da tutto il mondo, da tutti i popoli e razze: un'immagine della Chiesa di Gesù Cristo che abbraccia tutto il mondo, nella quale i popoli della terra si sanno uniti nella sua pace».

Per riscoprire l'aspetto più "umano" di quell'avvenimento, abbiamo pensato di riproporre nei prossimi giorni alcuni passaggi dei "verbali" dei lavori, una sorta di sintesi cronologica, realizzata da Documentation Information Catholiques Internationales.

sabato 3 novembre 2012

Una proposta … decente e coerente!



Non credo che i nostri vescovi scrivano Lettere con l’intento di finire sui giornali, ma se di fatto vengono ripresi dalla cronaca un motivo ci sarà. 
Questa volta una sorpresa: a Torino la prima Lettera sui Rom e Sinti.
Ma le novità non si fermano qui: mons. Nosiglia "amplia" la dedica dalle comunità cristiane alle istituzioni politiche e civili e poi lancia una proposta che fa già discutere: “adottiamo una famiglia rom”. 

In Europa le iniziative sono all’ordine del giorno – significativa l’ospitalità in arcivescovado da parte del card. Schönborn a Vienna – ma da noi, patria di individualismo e particolarismi, non è proprio usuale.
Eppure, spiega la Lettera, questo è solo l’ultimo atto di un impegno che in diocesi viene da lontano, dagli anni del “Camminare Insieme” del card. Pellegrino, e che ha visto il pastore girare di campo in campo a verificare di persona le condizioni di quel “piccolo popolo con molti bambini” che vive spesso “al di sotto della soglia di vivibilità”, ma che ha registrato anche il coinvolgimento di diverse associazioni e gruppi ecclesiali e non. Un popolo che conosce la crisi, perché “in crisi da sempre”.
E la proposta, coerente con una testimonianza evangelica, che si traduce in un aiuto a cercar casa, lavoro, sostegno per i figli che vanno a scuola, diventa uno stimolo ben oltre i confini della diocesi piemontese.