martedì 27 gennaio 2015

Per non dimenticare



È stata dura, ma sono arrivato in fondo alla puntata de La grande storia – In nome della razza (RAI3), nella settimana dedicata a Il giorno della memoria. Le immagini riprodotte dai filmati girati al momento della liberazione dei campi di sterminio erano insopportabili, tanto quanto realistiche e proprio perché reali.

Sono rimasto a seguire anche la controversa vicenda del film documentario di André Singer Night Will Fall – Perché non scenda la notte, dove le immagini erano, se possibile, ancor più crude.

Non riuscirei a commentare il contenuto dei filmati. Il silenzio, scelto dalla regia a colonna sonora delle sequenze più brutali, è l’unico commento decente. Le immagini sono già drammaticamente note, anche se mai conosciute abbastanza. Le considerazioni conclusive, al contrario, mi hanno sorpreso. Non sapevo – e non credo di essere solo – che quando il montaggio del film stava per essere terminato, il progetto è stato sospeso. I produttori USA hanno prelevato il materiale dagli studi di montaggio britannici e ne hanno ricavato un documentario più breve, affidato alla regia di Billy Wilder, e organizzato attorno allo scopo di denunciare la brutalità del nazismo e la colpevolezza della Germania.

Il progetto originale, al quale ha contribuito anche Alfred Hitchcock, stava dispiacendo alle sfere politiche perché induceva a compassione verso i sopravissuti dello sterminio organizzato.

Benché – come rivela il documentario – molti degli scampati non volessero ritornare ai loro paesi di origine (la situazione della Polonia di allora, ad esempio, non alimentava certo speranze), il problema dei profughi si stava profilando drammatico. I leaders britannici e statunitensi non volevano farsi carico di questa umanità “sbandata”, segnata irreversibilmente e nel profondo dalla tragedia attraversata. «Abbiamo già i nostri reduci a cui pensare». Il documentario alimentava invece nello spettatore il bisogno di prestare soccorso: «Perché non dovremmo accogliere queste persone, dopo che, grazie al nostro intervento, si sono viste restituire un futuro insperato?».

L’enormità dell’Olocausto sconfessa ogni accostamento. Tuttavia non possiamo relegare a storia del passato quella sordità dell’animo umano d’ogni tempo davanti ai liberati dai nostri stessi “interventi umanitari”. (M. Matté) 

sabato 10 gennaio 2015

Arterioclerosi



Il Ministero della santità vaticano ha promosso una ricerca sulle nuove patologie degenerative che colpiscono “al cuore” non tanto l’organismo somatico, quanto il sistema del “Gran empatico” che presiede autonomamente alle reazioni emotive, discorsive e perfino gestuali nelle relazioni interpersonali.*
La ricerca ha ricevuto notevole impulso dall’ultimo cambio di guida nel governo vaticano e ha già portato all’evidenza almeno quindici patologie, segnalate da papa Francesco nel suo Discorso alla Curia romana in occasione degli auguri natalizi. La deroga nel protocollo dei tradizionali discorsi sembra sia dovuta al particolare allarme connesso con le patologie segnalate, perché i ricercatori non escludono – allo stato attuale delle ricerca – che possano essere contagiose, soprattutto in ambienti ad alta concentrazione di clero (seminari, curie, comunità religiose clericali…).
Voci interne al Ministero competente rivelano una certa febbrilità nella ricerca riguardante una costellazione di sintomi – nessuno dei quali patognomonico** – provvisoriamente denominata “arterioclerosi”.
L’insieme non è ancora stato definito nella sua organicità, ma alcuni sintomi dell’arterioclerosi sono considerati accertati. Ad esempio la presunzione di superiorità e di competenza: predisposizione a definire la punteggiatura nei rapporti personali – dentro e fuori la comunità ecclesiale – a partire dalla sacramentalità dell’ordine che, conferendo il potere di agire “in persona Christi”, estenderebbe all’ordinato una straordinaria competenza in ogni campo, associata, per di più, a una dose di infallibilità.
Un altro sintomo accertato è paragonabile all’alitosi: non compromette la salute ma penalizza fortemente i rapporti. È quell’obliquità curiale che presuppone il diritto a trattamenti di favore essendo portatori di un carattere sacro o, se non altro, perché intrinsecamente “amici del vescovo”. Nelle sue manifestazioni più acute fa sentire il soggetto portatore esente perfino dalle norme del diritto, nella presunzione di agire “a fin di bene”.
Una variante del medesimo sintomo induce i portatori a non sentirsi vincolati dalla parola data, a maneggiare sottobanco, a non informare gli interessati in un progetto comune, certi della piena legittimità autoreferenziale di tutto ciò che si fa “per il (presunto) bene della Chiesa”.
Le informazioni trapelate dai laboratori della ricerca sono molto pessimistiche riguardo alle possibilità terapeutiche. (M. Matté)


* È l’analogo del Gran simpatico che ci fa chiudere involontariamente le palpebre quando un oggetto si avvicina all’occhio.
** Termine medico riferito a segni o sintomi che consentono di riconoscere una malattia, nel senso che sono associati univocamente ad essa, cioè tipici di essa e non di altre.