Il Corriere della sera lancia un sondaggio sulla domanda: «Erich Priebke era credente. Ha
diritto ai funerali in chiesa?». Comprendo la necessità di provocare e
semplificare quando si vogliano ottenere risposte numerose in bianco e nero (sì
o no). Non mi ritrovo nel sì e nemmeno nel no. Se si domanda se ne abbia
“diritto” la mia risposta è no. Non perché è Priebke, ma perché nessuno ha
“diritto” alla misericordia di Dio o alla benedizione della Chiesa. Neanche il
papa. Pretendere i funerali in chiesa, come fa Paolo Giachini, il suo legale,
rende già per se stessa la domanda “irricevibile”. Diverso è domandarsi se la
comunità cristiana possa o debba pregare per chiunque, a prescindere dal
giudizio che ciascuno di noi possa dare su una persona. Sono rimasto rattristato
dal rifiuto delle esequie cristiane a Piergiorgio Welby, che aveva tolto a sé
la propria vita per ragioni di cuore, mentre si celebravano i funerali solenni
di Pinochet che la vita l’ha tolta a tanti per ragioni di potere. Senza che
debba assumere forme pubbliche, senza che debba culminare necessariamente in
una sepoltura, penso che la comunità cristiana faccia bene a pregare per
Priebke. Perché sia fatta su di lui e sulle sue vittime la volontà del medesimo
Dio, che esercita la sua giustizia per dare la vita; anche nei confronti di chi
ha esercitato l’ingiustizia e ha “giustiziato” degli innocenti. Una preghiera
non perché lui abbia vissuto il vangelo, ma perché noi vogliamo viverlo.