«Vivo un momento un po' particolare di difficoltà, di contestazioni, qualche volta persino squadristiche che mi fanno vivere un momento anormale». Il Procuratore della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli, sempre in prima fila nella lotta alle mafie, da settimane prova a presentare il suo ultimo libro “Le due guerre” o a partecipare a dibattiti, ma si trova davanti gli antagonisti e i centri sociali. Il magistrato ha di recente coordinato le indagini che hanno portato all'arresto di diversi militanti “No Tav” per gli scontri con le forze dell'ordine in Valsusa. Oltre alle contestazioni che si ripetono da gennaio, ora si è passati anche alle minacce.
«Se non mi sentissi minacciando leggendo certe scritte sui muri, che spero non si ripetano, sarei leggermente superficiale – ha detto Caselli –. Se uno non prende nettamente le distanze dalla violenza può avere tutte le ragioni di questo mondo ma non ne avrà nemmeno una, non respingendo la violenza si mette dalla parte del torto e questo certe volte è accaduto e non dovrebbe accadere».
Si possono avere dubbi sull’opera ferroviaria che attraversa la Val Susa, si deve chiedere un supplemento di dialogo fra le popolazioni locali e le istituzioni in merito, non si deve identificare la protesta di popolo con le frange dei violenti. Ma non si può tollerare che gruppetti di “pretesi partigiani” impediscano a un giudice come il procuratore Lorenzo Caselli, di specchiata sensibilità democratica, di parlare. Tacere davanti a loro vorrebbe dire uccidere le ragioni dei valligiani.
(p. Lorenzo Prezzi, direttore di Settimana)