venerdì 5 dicembre 2014

Il pane di Giuseppe


Era l’ora calda del giorno. Giuseppe era entrato in casa di Maria e stava asciugando il sudore dalla fronte di Gioacchino, finalmente per un momento assopito. Non avrebbe potuto farle visita a sera, perché, pur essendo la sua futura sposa, ancora non erano andati a vivere insieme. Bevvero entrambi un poco dell’acqua che Maria non aveva scordato di attingere al pozzo, tornando a casa.

«Maria – disse Giuseppe con vo­ce trattenuta da una forte commozione – tu conosci il bene che ti voglio, la tene­rezza che vorrei prometterti e la forza di cui vorrei circondarti. Sono falegname. So come piegare la durezza della quercia al mio disegno e so come farmi assecondare dalle venature profumate del cedro. Distinguo l’o­pera del buon carpentiere e del mediocre. Ma il disegno che vedo in te non viene da artista di questa terra. Solo l’ar­chitetto della volta celeste e dei pilastri della terra può averlo fatto. E se egli mi ha spinto ad amarti... Maria, è perché potessi vede­re nei tuoi occhi quanto i tuoi occhi non possono vedere: gioisci, Maria, per­ché sei stata colmata di grazia e il futuro che c’è in te è ope­ra dello Spirito di Dio».

Dicendo quelle parole che lo respingevano indietro, trasse un pezzo di pane che aveva avvolto in fasce e de­posto nella tasca del cibo. Lo diede a Maria e disse: «Prendi e mangia. Questo pane l’ho fatto con la farina che tu hai chiesto a tuo padre per me. Ogni volta che impasterai il pane, ogni volta che ne mangerai, ricordati di chi, con la tua farina, ha impastato un pane ma non per sé». Maria, stupita, ancora incredula di quanto le labbra di Giuseppe – davvero le sue? – aveva­no appena detto, prese quel pezzo di pane e lo mangiò.

Dal cielo il Padre, dal quale ogni paternità prende nome, si estasiò per quell’a­more d’uomo che tanto assomigliava al suo ed effuse il suo Spirito su quel pane. E in Maria divenne il corpo del Figlio unigenito. Il quale, fattosi uomo adulto, conservò un certo gusto per il pane condiviso…

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