martedì 14 febbraio 2012

40

Trovare le informazioni su Wikipedia dà un po’ di sicurezza che non si tratti soltanto di leggenda o mitologia. Si era fatta notte e di lì a poche ore la band avrebbe dovuto abbandonare gli studi di registrazione. Poco tempo, un’idea musicale che poteva reggersi anche solo su voce, basso e batteria, ma niente testo. Il bassista se ne era già andato e – negli anni senza cellulari – non era raggiungibile. Il chitarrista, già soprannominato «The Edge», lascia il suo strumento e – unico caso nella storia della band – prende il basso. (Ormai è evidente che stiamo raccontando degli U2). L’album che stanno finendo di registrare si intitola War (1983) e contiene brani che parlano dei sanguinosi scontri con la polizia per le strade di Derry (Irlanda del Nord) nel 1972; della rivolta di Solidarnosc (Polonia) agli inizi degli anno ’80. È il loro terzo album, di forte intensità politica, copertina compresa. Il leader e voce del gruppo, Bono – padre cattolico, madre protestante – ha un’acuta sensibilità spirituale, che manifesta senza complessi anche nelle canzoni delle quali di solito è autore.
Quella notte manca dunque il testo per l’ultimo brano del disco. Bono apre la Bibbia al Salmo 40 (39) e comincia a cantarlo su quella manciata di note e di minuti che avevano tra mano. «Ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido...». È un Salmo caro a noi dehoniani. Peccato che abbiano dovuto spegnere prima di arrivare a «Ecco, io vengo, per fare la tua volontà».
È documentato che negli anni successivi, quando la loro popolarità esplode, gli U2 proponessero 40 come ultimo brano dei loro concerti, invitando le folle di giovani a terminare con una preghiera. «Canterò un canto nuovo. Quanto a lungo dovrò cantare?».

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