Sono contento che il mio amico Thomas J. Fitzpatrick, gesuita, mi abbia
permesso di riportare questo splendido episodio dell’anziano card. Carlo Maria
Martini e da lui raccontatomi qualche anno. È solo leggermente modificato
rispetto a quello che mi ha inviato oggi. È simpatico, provocante e toccante
allo stesso tempo, e la dice lunga sull’umiltà. Quando uno sente e risente questi
racconti pensa siano “apocrifi”, ma questo non lo è.
«Da superiore del Pontificio Istituto Biblico a Gerusalemme, ero
solito accompagnare all’aeroporto il card. Martini, membro della nostra
comunità gesuita, quando doveva viaggiare. In occasione del conclave 2005, il
nunzio in Terrasanta, mons. Pietro Sambi, aveva precedenza sul cardinale nell’accesso al servizio VIP all’aeroporto di Tel Aviv. Così il giorno prima di accompagnarlo
in aeroporto avvisai la sicurezza che sarei arrivato con il card. Martini.
Siamo arrivati il mattino successivo verso le 4 e siamo stati scortati in una
saletta privata, dentro un edificio nascosto dal resto dell’aeroporto.
I viaggi con il cardinale verso l’aeroporto erano occasione per qualche
conversazione tranquilla, ma quel mattino c’era un’aria differente. Provavo una
certa soggezione al pensiero che un membro della comunità di cui ero superiore
non solo stava per recarsi in conclave, ma che addirittura era considerato tra
i favoriti. Sapevo che il card. Martini non voleva essere papa.
Così, un po’ per scherzo un po’ seriamente, gli dissi quando venne chiamato
per imbarcarsi: “Carlo, so che tu non vuoi essere papa; io sono il tuo
superiore religioso e sai che noi gesuiti dobbiamo obbedienza ai superiori;
lasciami dirti, se tu fossi eletto papa: per favore, accetta”. Ridemmo. Lo
abbracciai e partì per il conclave.
Quando il card. Martini tornò, mi recai nuovamente nella saletta riservata
per accoglierlo all’arrivo. Dopo aver superato i diversi controlli in aeroporto
ci avviammo verso Gerusalemme. Lungo la strada gli dissi che ero un po’
arrabbiato con lui. Avevo visto una serie di servizi televisivi che parlavano
di lui e avevo notato che portava sempre un bastone.
Così gli dissi: “So bene che non
hai bisogno del bastone, e sono convinto che ne facevi mostra per far vedere
quanto sei malato. Giusto?”.
“Sì”, mi disse.
In casa, a Geruslemme, ho puntato il dito verso il bastone del
cardinale dicendo: “Ecco un pezzo di legno che ha cambiato le sorti della
Chiesa cattolica”». (James Martin, sj)
(Nella foto, il card. Martini con il bastone al conclave del 2005).
Testo tradotto da America.
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